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02 Gennaio 2011

L'omosessualità non è sinonimo di inadeguatezza genitoriale

In una causa di separazione, il Tribunale di Nicosia, in provincia di Enna, respinge il ricorso del padre che aveva chiesto l'affidamento esclusivo dei figli sulla base di una presunta relazione omosessuale della madre.

L'omosessualità non è sinonimo di inadeguatezza genitoriale

L'ordinanza del giudice Dagnino, depositata poco dopo Natale, afferma che l´eventuale relazione omosessuale della madre separanda, laddove non comporti pregiudizio per la prole, non costituisce ostacolo all'affidamento condiviso dei figli. Nel ribadire dunque che l'omosessualità non è sinonimo di inadeguatezza genitoriale, il Tribunale di Nicosia si inserisce nel solco di precedenti pronunciamenti dei tribunali di Catanzaro, Napoli e Bologna. Il dato rilevante è che la netta difesa del principio antidiscriminatorio viene dal tribunale di un piccolo centro di provincia e assume così un valore esemplare. Fa proprio riferimento a questo il commento del giudice Melita Cavallo, presidente del tribunale per i minori di Roma, in particolare riferendosi al pregiudizio che l'omosessualità della madre può comportare per i figli: "I bambini non hanno pregiudizi, sono innocenti, guardano il mondo con gli occhi dell'affetto e quello nei confronti della madre è particolarmente intenso a quell'età. Anzi, è bene che il padre non sottolinei aspetti della realtà che i bimbi non colgono (…) Altro sarà  quando i figli cresceranno e la relazione omosessuale della madre potrà causare loro pregiudizio. Penso al fatto che, in una situazione come quella di un piccolo centro, possano essere derisi a scuola. Solo allora la decisione del tribunale, se necessario, potrà essere rivista".
Parole che richiamano inevitabilmente le responsabilità di fronte all'impegno per il superamento dei pregiudizi omofobici, sia quello che informa il ricorso del padre separando della provincia ennese, sia quelli che si possono esprimere nel bullismo evocato dalle considerazioni del giudice Cavallo.
Esistono evidentemente altre possibilità per affrontare il disagio provocato dal bullismo omofobico scolastico, che non l'intervento della magistratura: interventi culturali, non tardivi e intermittenti ma organici nelle scuole, a partire dalle primarie; leggi che sanzionino la discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere; leggi che riconoscano la piena uguaglianza dei diritti. Azioni che evidentemente non afferiscono al potere giudiziario ma a quello politico, imballato in un insopportabile stand by bipartisan su questi temi.

Roberta Padovano

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