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Intercultura e pari opportunità

Le donne del mondo, i pari diritti, la pari dignità

Intercultura e Pari Opportunità

05 Aprile 2012

Donne nella Rivoluzione francese

Le rivendicazioni delle donne si scontrano con il sessismo del personale politico rivoluzionari

 Donne nella Rivoluzione francese

La mobilitazione politica della Rivoluzione francese, tutt’altro che unitaria, sollecitò continue contrapposizioni politiche: esse riguardarono non soltanto l’applicazione dell’uno o dell’altro programma politico (che contrapponevano i vari e differenti schieramenti), quanto il valore stesso dei principi chiave della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (approvata dall’Assemblea nazionale il 26 Agosto 1789). Agli stessi principi di libertà ed eguaglianza verranno, infatti, posti dei confini ben precisi per la loro applicazione. Già nella Costituzione del 1791 dall’universalismo dei principi saranno esclusi i contadini, gli schiavi, le donne. In realtà, nei suoi primi anni, la crisi rivoluzionaria sembra offrire spazi impensati per un inedito protagonismo femminile: l’universalismo della Dichiarazione, sebbene declinato al maschile, non sembra porre esplicitamente confini di genere alla sua applicazione e, in effetti, molte donne, di classe alta o di estrazione popolare, cercano di prendere parte alle attività politiche e pubbliche. Ricordiamo la marcia delle donne su Versailles (5-6 Ottobre 1789), le numerose donne che inviarono mozioni e richieste all'’Assemblea nazionale, che assistono alle riunioni delle assemblee di sezione o alle sedute della legislatura nazionale, o che partecipano con entusiasmo alle attività dei club. Tuttavia, come precedentemente accennato, la Costituzione del 1791, pur avendo come preambolo la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, esclude totalmente le donne da ogni forma di partecipazione, anche delegata, alle elezioni dei rappresentanti rendendo in questo modo evidenti le implicazioni sessiste della Dichiarazione; è in reazione anche a questi due documenti che, nell’Autunno del 1791, una delle donne emergenti della francia rivoluzionaria, Olympe de Gouges, dà alle stampe una sua Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina che ne rovescia polemicamente l’impianto. Ma, prima, vediamo, più in generale, la condizione della donna nel XVIII secolo. Nubili o sposate, negli ultimi decenni dell’ ancien regime, le donne avevano diritti molto limitati: la loro testimonianza, nei processi civili e penali, era ammessa ma non potevano agire legalmente. In generale, fino al matrimonio, la donna rimaneva sottoposta all’autorità paterna e con il matrimonio passava direttamente sotto quella del marito. Da sposata non aveva alcuna libertà personale né controllo sulle proprietà. Soltanto la morte del marito poteva offrirle qualche possibilità di indipendenza. A una moglie non era concesso di fare alcunchè di legalmente valido a meno che non fosse lo stesso marito ad autorizzarla. La condizione economica delle donne del XVIII sec. non era affatto invidiabile: le loro paghe erano estremamente basse, sebbene costituissero, nelle famiglie delle classi meno abbienti, una fonte essenziale di sostentamento. Le donne erano escluse dalle corporazioni e anche con la modernizzazione dell’industria le loro condizioni non migliorarono, anzi, peggiorarono. In generale, sia la legge che le tradizioni confinavano le donne al srvizio domestico o a produzioni ad alta intensità di lavoro o a lavori pesanti ed erano sottopagate. Era questa la condizione di soggezione sulla quale gli intellettuali del ‘700 cominciarono a discutere, ma non furono le grandi figure dll’Illuminismo a sposare la causa femminista, bensì un piccolo popolo di scrittori oggi sconosciuti (Dinourat, M.lle Archambault, Caffieux, M.me Coicy…). E mentre i sostenitori del femminismo tendevano a esaltare il matrimonio e la maternità come un diritto da rivendicare rispetto alla società, i loro detrattori usavano questa stessa “vocazione naturale” per dimostrare che le donne dovevano contentarsi di stare a casa e obbedire al marito (Cfr. GRANATA). Ma torniamo a Olympe de Gouges: era una scrittrice di commedie caduta in rovina che fu ghigliottinata per la fede monarchica e per l’opposizione a Robespierre. La sua Dichiarazione, pubblicata nell’Autunno del ’91 dopo l’approvazione della Costituzione, è modellata sulla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. Dal doppio preambolo emerge chiaramente il senso dell’intera opera, mentre i singoli articoli tracciano la trama di una Costituzione possibile, priva di discriminazioni di genere. Propongo, qui di seguito, per ovvie ragioni di spazio, soltanto parte del primo preambolo. "Uomo sei capace di essere giusto? E’ una donna che te lo domanda; tu non la priverai almeno di questo diritto. Dimmi. Chi ti ha concesso il potere supremo di opprimere il mio sesso? La tua forza? I tuoi talenti? Osserva il creatore nella sua saggezza; osserva la natura in tutta la sua grandezza, a cui tu sembri volerti avvicinare, e dammi, se ne hai il coraggio, l’esempio di questo tirannico potere. Risali agli animali, consulta gli elementi, studia i vegetali, getta infine un colpo d’occhio su tutte le modificazioni della materia organizzata; e arrenditi all’evidenza posto che te ne dò l’occasione; cerca, indaga e distingui, se puoi i sessi nell’amministrazione della natura. Dovunque li troverai confusi, dovunque essi cooperano in un insieme armonioso a questo capolavoro immortale. […]" Alle istanze espresse da Olympe de Gouges seguono la costituzione di società politiche esclusivamente femminili (1791-93). Contemporaneamente non cessano i tentativi che gruppi di donne mettono in atto per affiancarsi agli uomini nella difesa militare della patria. Nell’Aprile del 1792 le autrici di una petizione chiedono anche il riconoscimento dei diritti naturali delle donne, negati da una lunga oppresione e pertanto, chiedono che le donne siano ammesse agli impieghi civili e militari. Nei rituali pubblici dello stesso anno donne armate di picche, spesso con i loro bambini, sfilano in qualità di figlie, mogli e madri patriote, mentre, nel corso dell’estate, numerose sono le presenze femminili nelle rivolte popolari come la giornata del 10 Agosto che porta alla caduta della monarchia. L’ istituzione della Repubblica e l’esecuzione del sovrano sembrano segnare l’inizio di una nuova realtà. Invece, a conclusione di un dibattito, il 30 Ottobre 1793, la Convenzione decide di chiudere tutte le organizzazioni femminili (sebbene la soppressione dei club femminili faccia parte di una più generale politica dei giacobini di eliminazione delle istanze associative non direttamente controllate dal Comitato). Poco prima e poco dopo la discussione tenutasi alla Convenzione quattro donne vengono giustiziate: Charlotte Corday, Maria Antonietta, Olympe de Gouges, Madame Roland. Al di là del capo di imputazione fondamentale per ciascuna di esse – il loro orientamento politico – ( la colpa di Maria Antonietta è di essere regina, oltre che di aver tramato contro la Rivoluzione; a Olympe de Gouges si contesta il filorealismo; a Madame Roland e a Charlotte Corday la vicinanza ai girondini), queste donne vengono processate anche in quanto rappresentanti di un modello negativo di femminilità. In un articolo pubblicato sul Moniteur Universel e indirizzato Aux Républicaines si spiega infatti che la sorte di queste donne è dipesa dalla loro condotta deviante: Maria Antonietta è stata una “cattiva madre” e una “moglie di costumi dissoluti”, Manon Roland è stata “sotto ogni aspetto un mostro”, perché, pur essendo stata madre, aveva “sacrificato la natura volendo elevarsi al di sopra di essa; il desiderio di essere sapiente l’ha spinta a dimenticare le virtù del suo sesso, e questo oblio, sempre pericoloso, ha finito per farla morire sul patibolo”; quanto a Olympe de Gouges, la sua colpa è di avere desiderato diventare “un uomo di Stato […] dimenticando le virtù appropriate al suo sesso”. Il fatto è che “il personale politico rivoluzionario (e quello giacobino in particolare) ha profondamente introiettato il valore etico politico politico positivo attribuito alle asimmetrie di genere da opere come La nuova Eloisa o Emilio di Jean-Jacques Rousseau: la presenza femminile sulla scena pubblica è una cosa che appartiene al mondo corrotto di ancien régime, al mondo della corte e dell’aristocrazia; il nuovo mondo della libertà, dell’eguaglianza e della fraternità è un mondo che deve essere rigorosamente strutturato sulla separazione tra pubblico e privato: il primo (connotato dall’azione politica, militare, economica) spetta agli uomini; il secondo (l’universo della casa, della cura ed educazione dei figli) spetta alle donne” (BANTI). Se Rousseau ha il merito di sottolineare la necessità di un riavvicinamento dell’uomo alla natura, l’ideale di donna da lui tratteggiato, se pur indiscutibilmente grazioso, è quello di una donna relegata nello spazio domestico (dove comanda il marito), dedita esclusivamente alle faccende domestiche e alla cura dei figli e del marito, una donna, inoltre, che non deve essere né troppo intelligente né colta: “Ma io preferirei cento volte di più una fanciulla semplice educata in modo grossolano a una fanciulla intelligente e colta che venisse a istituire in casa mia un tribunale letterario di cui lei fosse la presidentessa. Una donna di spirito è un disastro per il marito, per i figli, per i suoi lacché, per tutti quanti. Dalle sublimi vette del suo bell’ingegno, costei disdegna tutti i suoi doveri di donna, e comincia sempre per trasformarsi in un uomo come Mademoiselle de l’Enclos. Fuori è sempre ridicola e molto giustamente criticata, perché non si può evitare di esserlo appena si esce dalla propria condizione e quando non si è fatti per quella che si vuole assumere” (ROUSSEAU, Emilio). Secondo Rousseau, dunque, essere una donna di cultura significa aver assunto una condotta deviante, contraria alle leggi della natura. Alessandra Giusti BIBLIOGRAFIA MINIMA: - BANTI, L’età contemporanea - GRANATA, www.storiain.net/arret/num107/artic1.asp - ROUSSEAU, Emilio o Dell’educazione - Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino - Costituzione francese (1791) - Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina

Alessandra Giusti

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