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Psicoanalisi Oggi

L'attualità della psicoanalisi
A cura di Rosa Elena Manzetti con la collaborazione di Mary Nicotra

Psicoanalisi Oggi

26 Ottobre 2011

Il rovescio della medaglia

Le vie di un'analisi possono davvero essere avventurose. Si può dire qualcosa quando la si domanda, non sapendo che ciò che si sa di sè è proprio ciò che alimenta il problema di cui ci si lamenta.

Il rovescio della medaglia

La via che conduce al termine del cammino certamente avrà a che fare con il problema per come è stato posto all’inizio, ma di certo non sarà il ritorno nella propria casa prima di partire.
E’ con queste parole, sulla scia dell’entusiasmo, che Dadino si inoltrerà nella sua avventura, con tanto di “Buon viaggio” da parte del conducente.
L’esperienza clinica di Freud dimostrò che non tutto di un sintomo poteva essere trattato per le vie della parola. Accadeva che nella cura qualcosa di doloroso della vita del parlante tendesse a ripetersi, a ripresentarsi sempre uguale, lasciando in scacco.
Freud diede a ciò il nome di “al di là del principio di piacere”, Lacan invece di godimento.
Vi era dunque un versante del sintomo che si lasciava addomesticare dalla decifrazione, che passava nella parola e svelava la sua verità nascosta.
Ma c’era anche qualcosa che opponeva la sua resistenza, che non passava nel dire ma tendeva piuttosto a riproporsi e a ripetersi.
Dadino nella sua analisi, sottoponendosi alla regola fondamentale dell’associazione libera, condensa un dettaglio apparentemente insignificante, che riguarda la sua ripugnanza nei confronti di qualsiasi medaglia, tanto più se esibita al collo o comunque ostentata.
Non riesce a toccarla e prova del disgusto soltanto a vederla. Dopo molto lavoro coglie che il significante medaglia si collega per lui a un certo modo del dire della nonna e che rinvia a macchiarsi.
“Guarda quante medaglie ti sei fatto!” diceva la sua nonna.
Per tutta l’infanzia il sintomo intorno a cui si organizza la vita di Dadino riguarda l’enuresi notturna: una grande macchia si stampa sul materasso come il segno di un limite superato.
Dadino superato il tempo del lamento per il suo sintomo invalidante (l’enuresi che non gli permette di andare via di casa troppo tranquillo o il sintomo adolescenziale delle crisi di sudorazione che producono una serie di fobie) scopre che gran parte dei suoi accidenti nella vita sono collocabili come edizioni, invenzioni, piccole forme d’arte talvolta e sublimazioni della macchia originaria.
Che cosa accade? Non potendo eliminare la medaglia, d’altronde così insistentemente presente nel suo percorso, coglie che forse può farne qualcosa con il suo rovescio.
Coglie che anzi qualcosa ha già tentato di farne con il suo rovescio.
Dadino macchia, si macchia, prova pure a dirsi immacolato ma nulla: Dadino ha scelto la macchia.
Nel momento in cui la sceglie né la cura né se cura più in modo ossessivo: se ne prende cura.
La lavora nei suoi studi, la cerca nei dettagli oscuri, l’ha persino trasformata in una piccola opera d’arte mettendo una cornice.
Dadino può rinunciare talvolta al prodursi come macchia.
Egli però ha anche fatto esperienza che ciò che fa, che ciò che lo rende singolare gli proviene da questo marchio.
Un marchio che non è più soltanto il timbro dell’Altro da cui si sente goduto come oggetto, ma la firma che può scrivere quando realizza un lavoro.
A Dadino la sua analisi gli insegna che quel che si formulava all’inizio come domanda di essere liberato dal sintomo in realtà ha preso tutt’altra strada.
Al momento coglie che può prendersi cura di ciò che non si cura.


 
 

Davide Pegoraro

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